Il laboratorio espressivo artistico nasce dal desiderio di conciliare ed integrare due approcci diversi al mondo delle emozioni, quello psicologico/grafologico e quello artistico/espressivo. Il disegno è un modo spontaneo e libero di esprimersi. Questo laboratorio offre la possibilità di comprendere quei problemi e bisogni nascosti che il bambino/adolescente non esprime a parole, ma che lasciano una traccia chiara sulla carta: nei disegni, nei colori, negli scarabocchi. Il disegno, una tecnica artistica, risveglia le emozioni sia in chi la produce sia in chi la osserva da spettatore esterno, ed aiuta ad entrare in contatto con le proprie emozioni, riconoscerle e accettarle. Il ruolo di psicologa-grafologa è quello di osservare e guidare l’altro nel prendere consapevolezza delle motivazioni inconsce che guidano il comportamento. Il canale della produzione artistica è un canale espressivo che può facilitare il lavoro psicologico/grafologico su un piano, che non è quello razionale e verbale ma analogico e metaforico. Quando cerchiamo di esprimere verbalmente le nostre emozioni, talvolta, mettiamo in gioco dei meccanismi di difesa; con la razionalità tentiamo di spiegarci delle cose aggiustandole a proprio piacere. Il segno grafologico e l’espressione artistica hanno un contatto più diretto con il significato, e rappresentano senza interferenze e in modo più diretto, il nostro mondo emotivo. L’obiettivo è quello di far emergere le emozioni e dargli forma attraverso l’esperienza artistica ed espressiva, per raggiungere nuove consapevolezze su cosa anima la nostra interiorità e il nostro comportamento. Il laboratorio necessita di due condizioni fondamentali: un percorso nel tempo ed una relazione con la psicologa/grafologa che possa guidare e dare un senso a questo percorso. I disegni fanno sì che ad esempio si possano esprimere in semplici tracciati o in un certo uso di colori, i sentimenti più difficilmente esprimibili (rabbia, paura, disperazione, cupezza, tensione, desideri, traumi, aspirazioni, inquietudini ecc) facendone una “narrazione” ad altri, il che non significa necessariamente raccontare la propria storia, ma mostrare qualcosa di sé e della propria visione del mondo in modo da ritrovar un canale di comunicazione effettiva, ed affettiva, con gli altri. Curare con l’arte o con il disegno può diventare una rieducazione grafo-motoria più profonda legata al piacere costruttivo e al rapporto con gli altri attraverso ciò che si fa.